giovedì 11 gennaio 2018

SINTESI FINALE

Ho scelto i tessuti artificiali quale oggetto del presente blog in quanto da sempre seguo con interesse il mondo della moda e per hobby mi piace utilizzare tessuti per la creazione di piccoli manufatti e capi di abbigliamento artigianali. Questa è stata, pertanto, l'occasione per approfondire alcuni aspetti relativi ai tessuti artificiali che non conoscevo e soprattutto conoscere l'evoluzione storica del prodotto tessuto.

Dopo aver dato la definizione di cosa si intenda per tessuto, in particolare per tessuto artificiale, ed aver tradotto in diverse lingue l'oggetto del blog, è stata graficamente rappresentata una prima word cloud che contiene tutti i termini in qualche modo collegati ai tessuti artificiali. Per l'articolo di giornale, navigando in internet, se ne trovano diversi, ma quello sui tessuti creati riutilizzando le arance è sembrato interessante sia per l'originalità della materia prima naturale utilizzata, sia perché la trovata è di alcune giovani ragazze italiane.
Si è passati quindi ad analizzare quali sono gli elementi che compongono il tessuto artificiale: la componente organica (generalmente le fibre cellulosiche) e la componente chimica. Ma accanto ai tessuti artificiali possiamo trovare altri tipi di tessuti (quelli naturali e quelli sintetici) che costituiscono dei materiali sostitutivi che rispetto ai tessuti artificiali, presentano caratteristiche diverse con conseguenti vantaggi ovvero svantaggi a seconda dell’obiettivo che ci si pone attraverso il loro impiego. Prendendo in considerazione le forme sostitutive del tessuto artificiale pensiamo ai non tessuti cioè quei prodotti che non presentato il classico incrocio di fili (trama e ordino) ma fibre disposte casualmente e tenute insieme attraverso processi meccanici.
Ma i tessuti artificiali non vengono impiegati solo nel settore tessile-abbigliamento: molteplici sono le funzioni sostitutive che possono avere, trovando un significativo utilizzo nell’arredamento e nel cosiddetto “tessile tecnico”, vale a dire nei comparti industriali quali l’automobilistico, il medico-chirurgico o l’edilizia.
Per quanto riguarda le narrazioni dei tessuti artificiali, cioè quali mezzi di comunicazione ci raccontano di essi, sono stati riportati, a titolo esemplificativo, alcuni saggi e articoli di giornale, immagini pubblicitarie e foto, cortometraggi e documentari. Dando invece uno sguardo alla letteratura, la ricerca svolta ha focalizzato l’attenzione su due opere del poeta futurista Marinetti, entrambe dedicate alla propaganda dell’attività svolta da un’importante industria italiana la SNIA Viscosa, alla quale si deve indubbiamente il merito di aver dato un notevole impulso alla produzione di tessuti artificiali nel nostro paese. Per il post dedicato alla musica è stato riportato il testo della canzone “Tango per due” di Guccini, nella quale il rimando al rayon assume una valenza di metafora identificando la stessa protagonista della ballata. Trattando di cinema, il cortometraggio commissionato al grande regista Antonioni dalla stessa SNIA Viscosa “Sette canne un fucile” è sembrato particolarmente pertinente sia per il suo contenuto documentale che per la sua valenza pubblicitaria del tessuto artificiale. Infine, per concludere la ricerca relativa a come i tessuti artificiali sono stati trattati nel campo dell’arte, un post sui fumetti: le famose maschere di Diabolik che replicano alla perfezione le fattezze umane ma anche le tute in tessuti artificiali che conferiscono superpoteri e caratterizzano l’immagine di fantastici eroi.
Tornando ad analizzare aspetti più concreti relativi ai tessuti artificiali sono stati indicati alcuni numeri che ci permettono di individuare le dimensioni delle fibre che compongono i tessuti con particolare riferimento alla finezza e confrontate altre grandezze fisiche come la tenacità e la densità. Nel post relativo alle statistiche sono stati riportati alcuni dati relativi alla produzione dei tessuti artificiali e non dal 1900 fino ad oggi e ricordato che dati sull’industria tessile nel nostro paese possono essere rintracciati nei censimenti pubblicati con periodicità di rilevazione decennale dall’ISTAT. I grafici che sono stati riprodotti, invece, indicano l’evoluzione dell’incidenza della produzione di fibre man made rispetto a quelle naturali e anche come è cambiata la distribuzione a livello mondiale della relativa produzione. 
Parlando delle specifiche dei tessuti artificiali la ricerca è stata indirizzata ad individuare quali sono i parametri che definiscono le caratteristiche di una particolare fibra che deve essere tessuta e quindi sono stati analizzati nel dettaglio i parametri morfologici e quelli fisico-meccanici.
Nel post sui simboli dei tessuti artificiali, oltre a riportare le immagini di alcuni dei simboli più comuni, si è fatto riferimento alle particolari normative che impongono l’etichettatura di composizione dei prodotti tessili e sono stati riportati i codici meccanografici uniformi per la Comunità Europea e le abbreviazioni in uso nel nostro paese per le fibre chimiche.
Ma l’impiego dei tessuti artificiali può comportare anche dei rischi dovuti principalmente all’impiego di sostanze chimiche nel loro processo di fabbricazione: rischi per l’ambiente dovuti alla dispersione di tali sostanze e rischi più diretti per l’uomo connessi a reazioni allergiche per contatto. Normative nazionali ed europee sempre più stringenti e attente alla salute hanno però  fortemente limitato e spesso vietato l’impiego di particolari sostanze chimiche di dimostrata pericolosità, con conseguente notevole limitazione dei rischi.
La ricerca condotta sulle tecnologie impiegate per la realizzazione dei tessuti artificiali ha analizzato in primo luogo i processi ed i macchinari utilizzati per la creazione del filato (l’estrusione dei polimeri attraverso la filiera, la filatura primaria dei polimeri e la filatura vera e propria con l’impiego del filatoio); quindi sono state indicate le fasi successive della tessitura con l’impiego del telaio.
Si è passati poi ad alcuni approfondimenti storici in quanto si è valutato importante vedere come e in che contesto i tessuti artificiali sono stati creati, come hanno acquistato sempre più rilevanza nel mercato dei manufatti tessili e ad opera di chi. Perciò sono state indicate le industrie che hanno fatto la storia della produzione di tessuti artificiali in particolare nel nostro paese, industrie che spesso sono state frutto di riconversione alla produzione del tessile artificiale, avendo riconosciuto le potenzialità del nuovo prodotto, in periodi storici in cui crisi economiche, guerre e politiche autarchiche hanno creato non poche difficoltà al sistema economico italiano. Anche per il post sui luoghi il riferimento storico è stato evidente: Torviscosa, una città nuova sorta in Italia negli anni Trenta del Novecento la cui fondazione è legata alla SNIA Viscosa e Rieti con la presenza dell’importante insediamento produttivo della Supertessile.  Infine le storie ed i protagonisti dei tessuti artificiali: le prime intuizioni sulla possibilità di riprodurre artificialmente le fibre naturali, le prime sperimentazioni e poi il passaggio alla produzione vera e propria su scala industriale ad opera dello Chardonnet. Accanto ai protagonisti delle scoperte innovative relative ai tessuti artificiali e sintetici, sono stati citati anche dei protagonisti dell’industria italiana, imprenditori il cui nome è stato legato alla SNIA Viscosa.
Successivamente sono stati inseriti due post dai riferimenti sociologici: gli utilizzatori dei tessuti artificiali, cioè a quale target di consumatori sono destinati i prodotti tessili artificiali, e i modelli sociali dei tessuti artificiali, ovvero come le nuove classi benestanti dell’inizio del XX secolo, cercando di emulare le vecchie classi signorili, hanno determinato l’affermarsi dei nuovi manufatti artificiali.
Ma quando si parla di prodotti innovativi necessariamente devono essere citati i brevetti: la seta artificiale Chardonnet, i vari processi di produzione delle fibre chimiche e la fibra poliammidica di Carothers per la Du Pont. Ovviamente le aziende fanno continua e costante attività di ricerca e pertanto il panorama dei brevetti relativi ai tessuti artificiali è sempre in evoluzione, al fine di creare prodotti che abbiano caratteristiche sempre più performanti e rispondenti alle esigenze del mercato.
E per concludere il blog sono state inserite un po' di parole: un glossario trilingue contenente una raccolta di vocaboli relativi ai tessuti artificiali con una breve spiegazione, le metafore più conosciute che hanno per oggetto filati e tessuti ma anche metafore nuove ricavate dal linguaggio comune tra i giovani al passo con i tempi ed infine un abbecedario illustrato di aggettivi che qualificano i tessuti artificiali e ne evidenziano i punti di forza.

Dalle ricerche e gli approfondimenti svolti sui tessuti artificiali è emerso che questi prodotti, frutto delle intuizioni e delle abilità dell’uomo, hanno avuto un enorme importanza sempre crescente nel corso dell’ultimo secolo. Grazie alla loro versatilità, alle elevate caratteristiche tecniche ed alla riduzione dei costi di produzione, i tessuti man made si sono progressivamente affermati nel settore del tessile-abbigliamento ed hanno trovato vasta applicazione anche nel settore del cosiddetto tessile – tenico o industriale. La forte propensione delle fibre man-made a essere progettate secondo le nostre esigenze costituisce il presupposto fondamentale dell’innovazione e della ricerca ancora oggi, e ci permetteranno di migliorare la qualità della nostra vita quotidiana. La ricerca e lo sviluppo tecnologico stanno alla base di qualsiasi progetto innovativo, e le fibre chimiche grazie alla loro vastissima progettabilità dimostrano di essere fonte di innovazione non solo per migliorare i prodotti di uso quotidiano ma per creare prodotti all’avanguardia in ogni settore.

sabato 6 gennaio 2018

UN ABBECEDARIO ILLUSTRATO DEI TESSUTI ARTIFICIALI

ARLECCHINO
BRILLANTE


CHEAP
DUREVOLE
ELEGANTE

FLESSIBILE
GIOVANE
HIGH PERFORMANCE
IMPERMEABILE

LEGGERO
MODAIOLO

NEW AGE
OPERATO
PRATICO
QUALITATIVO
RESISTENTE
SPORTIVO

TRASPIRANTE

UTILE
VERSATILE
ZIPPATO



Alle lettere corrispondono aggettivi che qualificano i tessuti artificiali. La scelta è stata, per quanto possibile, fatta per evidenziare la grande varietà d’impiego e le potenzialità di questi prodotti artificiali.

LE METAFORE DEI TESSUTI ARTIFICIALI

Gli antichi definivano le metafore un paragone abbreviato.
La metafora è un trasferimento di significati, cioè la sostituzione di una parola con un’altra, o l’accostamento di due parole i cui significati hanno dei tratti semantici in comune.

In relazione ai tessuti troviamo molteplici metafore:

Metafore derivate dal filare e dal filo
ü  Il filo del discorso
ü  Il filo del pensiero
ü  Spezzare il filo del ragionamento
ü  Tirare le fila
ü  Il filo della memoria
ü  Filo di speranza
ü  Pensieri aggrovigliati
ü  Dipanare la matassa
ü  Trovare il bandolo della matassa

Metafore derivate dal tessere e dal tessuto
ü  Tessere una lode
ü  Tessere una relazione
ü  Intrecciare una conversazione
ü  Ordire, tramare una congiura
ü  La trama di un libro, di un film
ü  Intrecciare una relazione

Metafore derivate dalla tela finita
ü  Ricoprire un incarico
ü  Tra le pieghe di un discorso
ü  Teso, tirato, disteso, abbottonato (caratteri psicologici)




Negli anni le innovazioni nel settore tessile e l’affermarsi di nuovi prodotti hanno introdotto nel gergo comune nuove espressioni e nuove metafore….


Tra i giovani oggi la coperta di pile, calda, pratica e leggera, è diventata metafora per assaporare momenti di relax in compagnia di una serie TV.



mercoledì 3 gennaio 2018

I BREVETTI DEI TESSUTI ARTIFICIALI


La seta Chardonnet
L.-M.-H. Bernigaud de Chardonnet nel 1884 prese il primo brevetto per la produzione della seta artificiale.
In esso diceva di sciogliere della pirossilina (cotone fulminante) in un miscuglio di alcool ed etere aggiungendo a questa soluzione dei cloruri metallici, con azione riducente (cloruro stannoso, ferroso, manganoso, ecc.), una piccola quantità di una base organica ossidabile (chinina, anilina, nicotina, morfina, brucina, cinconina, atropina, caffeina) e una sostanza colorante. Facendo passare tale soluzione in un tubo capillare, tuffato in un liquido opportuno (egli indicava a titolo d'esempio l'acqua), solidificava questo getto sottilissimo sotto forma di filo. 
Il processo aveva un gravissimo difetto: i filamenti erano infiammabili ed esplosivi. 
Lo Chardonnet, per ridurne l'infiammabilità sottopose il filato a un processo di denitrificazione trasformando la nitrocellulosa nuovamente in cellulosa. 



Il reagente di Schweizer 
Si tratta di una miscela di ossido di rame e di ammoniaca che prende il nome dal suo scopritore, il chimico Schweizer nel 1857. Questo liquido aveva la funzione di rendere più filabile la cellulosa. 

Il processo al cuprammonio 
Nel 1890, il chimico francese L.-H. Despeissis creò il processo al cuprammonio. Il Despeissis faceva passare dei fili di cotone attraverso il liquido di Schweitzer (un solvente cuproammoniacale) che ne trasformava e solubilizzava gli strati esterni; questi strati poi venivano coagulati e nuovamente trasformati in cellulosa per mezzo di un bagno acido, diventando lucidi come la seta. Dopo la morte del Despeissis il brevetto cadde in dominio pubblico. Il processo fu ripreso con fortuna da M. Frémery e J. Urban della Rheinische Gluhlampen Fabrik Dr. Max Frémery e C. di Oberbruch, i quali trovarono che era necessario operare a bassa temperatura per avere una soluzione stabile di cellulosa nel liquido cuproammoniacale e brevettarono questo e altri perfezionamenti nel 1897 a nome di Hermann Pauly

Il processo alla viscosa 
Il processo alla viscosa nacque dagli studi compiuti dal 1882 in poi da Ch. Fr. Cross, E. I. Bevan e Cl. Beadle sull’alcalicellulosa e la mercerizzazione. Essi scoprirono che l’alcalicellulosa, trattata con solfuro di carbonio, si trasformava in xantogenato di cellulosa, che si scioglieva nell'acqua formando una soluzione molto vischiosa dalla quale si poteva rigenerare la cellulosa. In questo modo venivano poste le basi per la produzione di una fibra cellulosica artificiale, che ha costituito per decenni il processo più importante nella produzione di fibre chimiche. La scoperta della viscosa risale al 1891; i primi brevetti sono degli anni 1892-96. 

Il processo all'acetato
Il processo all'acetato, che è stato l'ultimo a divenire industriale, ebbe come punto di partenza i lavori di Schutzenberger e del Naudin, i quali ottennero un acetato di cellulosa scaldando della carta da filtro con acido acetico in un tubo ermeticamente chiuso, a temperatura inferiore a  200°. La fabbricazione industriale dell'acetato di cellulosa divenne possibile quando, nel 1879, il Francimont introdusse l'uso dell'acido solforico come catalizzatore. Cross e Bevan, fra il 1890 e il 1894, fecero i primi tentativi di utilizzazione industriale. Nel 1894 essi  brevettarono un tetracetato di cellulosa solubile nel cloroformio, che avrebbe potuto, secondo gli inventori, sostituire il collodio nella maggior parte delle sue applicazioni.

Le fibre sintetiche
Fu grazie agli studi in campo di macromolecole del ricercatore tedesco Staudinger, condotti negli anni 20 del Novecento, che si comprese che i polimeri naturali sono formati da macromolecole lineari, cioè da lunghe catene filiformi, riproducibili mediante reazione di appropriate molecole.
Anche se la data di nascita delle fibre sintetiche si fa risalire alla produzione di una fibra a base clorovinilica (PE-CE Germania, anno 1931), di fatto la prima vera fibra sintetica prodotta industrialmente e destinata ad avere un grande impatto sul mercato deve essere considerata la fibra poliammidica lanciata da DuPont con il nome commerciale Nylon nel 1938.
Il merito di tale invenzione è da ascrivere alle molte ricerche condotte da W. Carothers a partire dal 1928 il quale si era prefisso di studiare la chimica dei polimeri, con l’obiettivo di sintetizzare molecole giganti, di struttura nota, mediante metodi strettamente razionali.
Il successo venne raggiunto quando riuscì a ottenere un prodotto di condensazione (ammide polimerica - da cui poliammide) tra molecole caratterizzate rispettivamente da due gruppi reattivi amminici (esametilendiammina) e da due gruppi reattivi carbossilici (acido adipico).
Per riconoscere tale polimero da altri appartenenti alla stessa classe chimica, esso viene contrassegnato dalla sigla 6,6 che indica rispettivamente il numero di atomi di carbonio (sei per l’appunto) delle due molecole costituenti l’unità ripetitiva del polimero.
Nello stesso periodo (1939), a seguito di ricerche condotte da Schlack (1938) in Germania, viene prodotta una differente fibra poliammidica a partire da un’unica molecola di monomero base, il caprolattame; essa prende il nome di Perlon (tipo 6).
Negli stessi anni vengono inventate la fibra poliestere a partire da acido tereftalico e glicoletilenico (Whinfield e Dickson, Gran Bretagna, 1941) e la fibra acrilica (brevetti tedeschi e americani, 1942).

Uno sguardo ai brevetti oggi…
Negli anni più recenti i brevetti richiesti dalle varie aziende operanti nei settori delle fibre man made in Italia e all’estero sono per lo più relativi ai cosiddetti tessuti tecnici, cioè a quei materiali che rispondono a elevate esigenze tecnico qualitative e vengono utilizzati per realizzare prodotti con prestazioni superiori che rispondano alle necessità del settore di loro applicazione.
Per approfondimenti e statistiche su numero, aziende e oggetto dei brevetti si può consultare:

I MODELLI DEI TESSUTI ARTIFICIALI

Dal punto di vista del prodotto

Come abbiamo già avuto modo di parlare i tessuti artificiali sono il prodotto del progresso scientifico e tecnologico, della crescente domanda di prodotti tessili e del desiderio di produrre fibre senza dover dipendere da fattori legati al clima e all'ambiente.
I modelli reali di riferimento sono stati quindi, almeno inizialmente, i tessuti realizzati con fibre naturali.
Il rayon-viscosa, ad esempio, noto anche come seta artificiale, è un tessuto che imita la morbidezza delle fibre naturali e che presenta una lucentezza e una consistenza molto simile alla seta.
Del resto, come aveva intuito già nel 1734 René-Antoine Ferchault de Réaumur nei suoi Mémoires pour servir à l'histoire des insectes, la seta "non è che gomma liquida che si essicca" e pertanto avrebbe potuto essere imitata, riproducendola con l'impiego di gomme o resine.


Tessuto rayon

Tessuto seta


Nel tempo però i tessuti artificiali hanno smesso di essere dei prodotti surrogati degli altri tessuti naturali, che imitano ad esempio il prodotto tessile di lusso come la seta naturale, bensì sono divenuti prodotti complementari ad essi per la fabbricazione di tessuti misti o da impiegarsi da soli per preparare prodotti con caratteristiche specifiche e particolari atti a sostituire in genere tutte le fibre naturali.


Dal punto di vista del fruitore del prodotto

Nei primi decenni del XX secolo, anni in cui i tessuti artificiali hanno iniziato ad essere prodotti su larga scala e hanno iniziato a conquistare delle sempre più ampie fette di mercato rispetto ai tessuti naturali, i consumatori ai quali erano destinati erano espressione delle nuove classi sociali, le cui condizioni economiche era migliorate. Questi nuovi ricchi, che si affiancano e si sostituiscono alle vecchie classi signorili, imitano di quest'ultime i gusti e le abitudini. Sono pertanto i comportamenti delle nuove classi benestanti, i modelli sociali che hanno cercato di emulare, che hanno permesso l'affermarsi dei nuovi manufatti artificiali.



















Negli anni, i progressi scientifici e tecnologici e la riduzione dei costi di produzione, hanno permesso di produrre a prezzi sempre più contenuti: i tessuti realizzati con fibre man made diventano sempre più all'avanguardia e destinati alla massa.
I nuovi modelli sociali che vengono seguiti sono l'utente medio che lavora, fa sport, viaggia, la donna che ha poco tempo cerca prodotti pratici (tessuti comodi e confortevoli), facilmente gestibili (tessuti che non si macchiano, che non si stirano...).

Il prodotto artificiale diventa sempre più adatto a soddisfare l'esigenze del mercato in quanto creato appositamente per tali finalità: la ricerca viene indirizzata secondo quelle che si ritiene siano le richieste dell'utenza media ovvero nel senso di creare nuovi bisogni da parte dell'acquirente.

martedì 2 gennaio 2018

GLI UTILIZZATORI DEI TESSUTI ARTIFICIALI ___ (per una sociologia dell'artificiale)

Il progresso scientifico e tecnologico, la crescente domanda di prodotti tessili, il desiderio di produrre fibre senza dover dipendere da fattori legati al clima e all'ambiente, hanno portato l'uomo alla scoperta delle fibre chimiche artificiali, prima, ed in seguito di quelle sintetiche.
Inizialmente le fibre tessili artificiali si imposero sui mercati allo scopo di sostituire i filati naturali, ma, con il tempo, hanno acquistato un'autonoma funzionalità.

A quale target di consumatori sono state destinate?

Il settore delle fibre tessili artificiali fu, fin dalle sue origini, strettamente legato ai dettami imposti ai consumatori dalla moda. Se ci concentriamo sul caso italiano, le maggiori aziende operanti nel settore delle fibre tessili artificiali fecero ricorso a studiati messaggi pubblicitari, al fine di attrarre i potenziali acquirenti.
Per reclamizzare i filati artificiali spesso si fece ricorso alla stampa e non mancarono le pubblicità d'autore, come ci testimoniano i raffinati posters disegnati da Dudovich per l'Italrayon.
Inizialmente, vennero scelte delle campagne pubblicitarie molto sofisticate, capaci di rievocare alla mente l'idea di una moda raffinata ed élitaria: bellissime modelle e famose attrici dalla mise elegante vennero chiamate a reclamizzare le calze Bemberg o il raion della SNIA.
Con la seconda metà degli anni Trenta, si assistette ad un radicale cambiamento del messaggio pubblicitario, che divenne più incisivo, accompagnato spesso dalla rappresentazione di operaie combattive, del tricolore e da slogans inneggianti la nazione e l'indipendenza economica. Ma tale mutamento non fu soltanto la conseguenza di precise finalità politiche. Le pubblicità iniziarono a proporre, accanto allo stereotipo della donna aristocratica dalla bellezza eterea, modelli femminili nuovi: indossavano abiti e calze di rayon donne "comuni", "della porta accanto", esponenti della piccola e media borghesia italiana, in cui molte potenziali consumatrici volevano riconoscersi. Evidentemente il target di riferimento per il settore si era ampliato notevolmente, segmentandosi.
E' possibile che la domanda di seta artificiale fosse stata, almeno inizialmente, espressione dei bisogni della classe dei nuovi arricchiti, ma con il tempo, anche i ceti meno abbienti poterono acquistare articoli di rayon, grazie alla netta diminuzione dei loro prezzi; le fibre tessili artificiali ed i tessuti con esse prodotti divennero veri e propri beni di consumo di massa.

Il rayon operò una vera e propria rivoluzione nella moda femminile negli articoli di calzetteria. All'inizio del secolo le donne indossavano calze piuttosto spesse di lino, cotone o lana; erano pochissime quelle che potevano permettersi calze di seta naturale, vendute a prezzi proibitivi. Le calze di seta artificiale, più fini e brillanti, dal costo maggiormente accessibile, riscossero uno strepitoso successo, nonostante la minor resistenza rispetto a quelle di seta naturale e la grande facilità con cui si smagliavano.
Anche nella produzione di fodere il raion fu chiamato presto a sostituire il cotone e la più costosa seta naturale, da solo, oppure mescolato al cotone, alla seta, o alla lana.
A poco a poco la seta artificiale riuscì anche a vincere la totale avversione delle fabbriche specializzate nella produzione di seta naturale: il raion venne introdotto nella produzione di tessuti per cravatte, di velluti, di satins, di taffetas e di diversi generi di crêpes. Notevole fu anche il suo impiego per ottenere broccati per mobili e tappezzerie e per la realizzazione di ombrelli.


Nel tempo i tessuti realizzati con fibre man made hanno avuto un'ampia diffisione e, come abbiamo già avuto modo di dire, non solo nel settore dell'abbigliamento, ampliando e diversificando la platea dei potenziali consumatori, creando mercati di nicchia ed altamente tecnologici.
L'innovazione per eccellenza degli anni Ottanta sono state le microfibre, nate in seguito ad un affinamento dei titoli, con l'utilizzo delle quali si crearono nuovi tipi di tessuto destinati all'abbigliamento sportivo, viste le loro proprietà estremamente adatte a questo campo come l'impermeabilità, la traspirabilità e la confortevolezza.
Tra la metà degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta hanno conosciuto un rapido sviluppo le fibre elastiche, adeguate ad ogni tipo di abbigliamento grazie alla loro comodità e aderenza al corpo, ed il pile, molto resistente e a elevata coibenza termica, che ha rappresentato una svolta soprattutto in campo sportivo e del tempo libero.
Negli ultimi anni Novanta infine vennero sviluppate e prodotte una serie di fibre frutto dell'adeguamento delle proprietà della fibra stessa alle caratteristiche del corpo umano, tra queste ricordiamo le fibre antibatteriche, anti UV, antistress, anticaldo e antifreddo.
La forte propensione delle fibre man-made a essere progettate secondo le nostre esigenze costituisce il presupposto fondamentale dell'innovazione e della ricerca ancora oggi, e ci permetterà di migliorare la qualità della nostra vita quotidiana.

LE STORIE E I PROTAGONISTI DEI TESSUTI ARTIFICIALI

Le origini dei tessuti artificiali
Il primo ad accennare alla possibilità di fabbricazione di una fibra tessile artificiale fu l'inglese Robert Hooke il quale, già nel 1665, parla della possibilità di trasformare in fili adatti alla filatura una materia artificiale da lui veduta, somigliante alla seta. Nel 1734 René-Antoine Ferchault de Réaumur nei suoi Mémoires pour servir à l'histoire des insectes, osservando che la seta "non è che gomma liquida che si essicca", esprimeva l'idea che si sarebbe potuto imitarla con gomme o resine.

Ma la possibilità di realizzare queste idee sorse solo in seguito alle scoperte della nitrocellulosa (1845) e al suo impiego nella fabbricazione della celluloide (1865).
G. Andemars, di Losanna, nel 1855, prese in Gran Bretagna il primo brevetto per la trasformazione di una soluzione di nitrocellulosa in filamenti denominati "seta artificiale". Egli trasformava la scorza di gelso, per azione dell'acido nitrico, in nitrocellulosa; scioglieva questa in un miscuglio di alcool ed etere, aggiungendovi qualche pezzo di caucciù; infine traendoli con punte d'acciaio otteneva fili che andavano ad avvolgersi in una spola.

Joseph Wilson Swan, già noto per le sue invenzioni nei campi della fotografia e dell'illuminazione elettrica, nel 1880 aveva brevettato l'uso, nelle lampade a incandescenza, in luogo dei filamenti ottenuti per carbonizzazione delle fibre di bambù, dei fili di cotone pergamenato per mezzo dell'acido solforico. Nel 1883 egli brevettò un altro processo col quale si ottenevano filamenti utilizzabili nell'industria tessile, trafilando del collodio nell'acido acetico attraverso una filiera. Filati e lavori ottenuti con questo processo furono esposti nel 1885 all'esposizione delle invenzioni di Londra.

Frattanto, nel 1857 Eduard Schweitzer aveva scoperto che la cellulosa si scioglie nella soluzione cuproammoniacale che ora porta il suo nome (liquido di Schweitzer). Nel 1881 il Crookes propose di preparare dei fili con una soluzione di cellulosa nel liquido di Schweitzer.









Il merito di aver portato la produzione della seta artificiale dalla fase sperimentale a quella industriale spetta al conte L.-M.-H. Bernigaud de Chardonnet che all'École Polytechnique era stato allievo del Pasteur quando quest'ultimo eseguiva le sue famose ricerche sulle malattie del baco da seta. Come egli stesso racconta, la prima idea sorse in lui quando, in una visita a una fabbrica di cellulosa, osservò che alcuni dei pezzi che uscivano dalle caldaie avevano la lucentezza della seta. Secondo altri, invece, egli avrebbe scoperto la possibilità di produrre una fibra artificiale per semplice caso mentre manipolava del collodio per uso fotografico.
Lo Chardonnet fece i primi tentativi di fabbricazione nel 1878. Dopo sei anni di ricerche, il 12 maggio 1884, egli presentò all'Académie des sciences una memoria, Sur une matière textile artificielle ressemblant à la soie, che riassumeva tutti gli elementi essenziali dei suoi metodi dal doppio punto di vista chimico e industriale. Il 17 novembre dello stesso anno prese il primo brevetto.
All'esposizione di Parigi del 1889, egli espose la sua prima macchina e i primi campioni della nuova fibra tessile. L'invenzione suscitò molta curiosità e fu oggetto di un rapporto favorevole da parte della giuria.

Nel 1890, il chimico francese Louis-Henri Despeissis creò il processo al cuprammonio. Per il suo minor costo di produzione, il rayon al cuprammonio fu un serio concorrente della seta Chardonnet finché non venne sul mercato il rayon alla viscosa, ancor più economico.
Il processo alla viscosa nacque dagli studi compiuti dal 1882 in poi da Ch. Fr. Cross, E. I. Bevan e Cl. Beadle sull'alcalicellulosa e la mercerizzazione. La scoperta della viscosa risale al 1891; i primi brevetti sono degli anni 1892-96.

Storie e protagonisti delle fibre sintetiche
Lo sviluppo e la produzione delle fibre sintetiche, cioè ottenute a partire da polimeri non esistenti in natura bensì creati dall'uomo, sono una conquista più recente.
La prima fibra sintetica prodotta a livello industriale e destinata ad avere un forte impatto sul mercato è la fibra poliammidica lanciata dalla ditta statunitense Du Pont con il nome commerciale di Nylon 6.6, numero che indica rispettivamente il numero di atomi di carbonio delle due molecole costituenti l'unità ripetitiva del polimero (produzione sperimentale nel 1938).
Si trattava di una fibra rivoluzionaria per le sue caratteristiche: infatti, data la sua particolare resistenza, venne utilizzata, in primo luogo, per la realizzazione di calze femminili. Tuttavia il primo impiego di massa del poliammide 6/6 e 12/6 (vero nome del nylon) avvenne per produrre il milione di paracadute che si sarebbero resi necessari per tentare l'invasione dell'Europa. Infatti la Cina, primo produttore al mondo di seta, era stata invasa dai giapponesi e gli strateghi USA si trovarono costretti a sostituire in fretta e furia la seta naturale cinese con il nylon per potere equipaggiare al meglio sia la 101ª che l'82ª divisione di fanteria aerotrasportata USA, la 1ª Divisione britannica nonché i reparti francesi-liberi e polacchi che si sarebbero tutti largamente distinti nelle sanguinose battaglie di Sicilia, Normandia e Olanda. Lo Sbarco in Normandia e l'Operazione Market Garden furono resi possibili dall'impiego massiccio del Nylon, l'umile fibra sintetica che cambiò il corso della seconda guerra mondiale in Europa.

Nel giro di pochi anni vennero poi messe a punto le fibre sintetiche di maggiore importanza nel settore tessile: la fibra poliestere grazie a Whinfield e Dickson nel 1941 e la fibra acrilica (brevetti tedeschi e americani nel 1942).
Nel 1954 venne scoperta, ad opera del ricercatore italiano Giulio Natta divenuto premio Nobel per la chimica nel 1963, la possibilità di sintetizzare il propilene fornendo in tal modo le basi per produrre la fibra polipropilenica (1959).










E’ sempre la ditta americana Du Pont a commercializzare le fibre sintetiche di più recente scoperta, quali l'elastan (con il nome commerciale Lycra) nel 1959 e la fibra aramidica (il cui nome commerciale è Nomex) nel 1962.
Nel 1955 la Rhodiatoce inizia la produzione di poliestere (con nome commerciale Terital); nel 1959 il gruppo Edison produce la fibra acrilica (con il nome commerciale Leacril) e nel 1961 inizia la produzione industriale di fibra polipropilenica conosciuta con il nome di Meraklon.


Imprenditori Protagonisti
Riccardo Gualino: il grande speculatore
Durante il primo trentennio del XX secolo, Riccardo Gualino fu uno degli industriali più attivi del nostro paese. Il suo nome viene facilmente ricollegato a quello della SNIA, la società che egli costituì, nel 1917, a Torino per esercitare il commercio marittimo tra Italia e Stati Uniti e che, dopo qualche anno, fu convertita alla produzione di fibre tessili artificiali. Ma egli operò in molti altri settori, dal cementiero all'edile, dall'editoria al dolciario, dalla chimica alla cinematografia. Gualino fu anche uno dei principali protagonisti del mercato finanziario italiano e d'oltralpe e non si interessò soltanto al mondo economico ma fu anche un grande amante delle arti, della letteratura, della musica, della danza, del teatro, e soprattutto delle arti figurative, la pittura e la scultura.
Per tentare di risolvere la grave crisi che colpì la SNIA, nel 1920, Gualino decise di estenderne l'oggetto alle fibre tessili artificiali, al cemento ed ai prodotti chimici, per poi, successivamente, concentrarne l'attività al settore dei filati artificiali. In linea con questa evoluzione il nome originario venne mutato in SNIA, Società di Navigazione Industria e Commercio, ed ancora trasformato, nel 1922, in quello di SNIA Viscosa, Società Nazionale Industria Applicazioni Viscosa.
L'azienda nel corso degli anni continuò la sua espansione, divenendo uno dei quattro maggiori produttori europei con il francese Comptoir des Textiles Artificiels (CTA), l'inglese Courtaulds e la tedesca Glanzstoff.
"La caratteristica fondamentale dell'impero Gualino, o meglio della sua disordinata aggregazione di imprese, fu l'eterogeneità e la mancanza di integrazione fra tali iniziative. [...] La "società madre" per le attività di Gualino in effetti non ci fu mai e tra la seta artificiale, il cemento, le calzature, il cioccolato, l'unico elemento di integrazione fu di fatto quello finanziario, ovvero la comune appartenenza ad un unico ed intrecciato giro di partecipazioni, debiti e speculazioni”.

Senatore Borletti e Franco Marinotti: la politica dell’autarchia
Indebitato fino al collo in conseguenza di una serie di investimenti e di speculazioni finanziarie andate in fumo, Gualino, di sentimenti antifascisti, e quindi rimasto privo di qualsiasi aiuto, viene  inviato al confino a Lipari per bancarotta fraudolenta ed è costretto a cedere le sue quote al Senatore Borletti, che assume la presidenza della società.
Nel decennio degli anni '20 il Borletti, imprenditore tessile milanese, aveva attuato una scalata alle aziende minori del settore, riunendo nella neo-costituita Linificio e canapificio nazionale anche aziende di media grandezza, che aderirono al cartello predominante dell'imprenditore pur mantenendo la propria indipendenza. La concentrazione da inizialmente buoni frutti ma l'impresa fa presto a venire coinvolta nella grave crisi economica conseguente al crollo della borsa di Wall Strett. Fidando nell'aiuto del Regime, di cui Borletti era sostenitore, le sorti aziendali si risollevarono nel giro di pochi anni grazie all'impegno nell'autarchia (sostituzione con materia prima italiana delle fibre estere) e più ancora alla campagna di Abissinia, per la quale si assicura l'esclusiva della fornitura delle  uniformi alle truppe. Una congiuntura sfavorevole del mercato, legata al divieto governativo di importare dall'estero la materia prima e all'insufficiente produzione nazionale della stessa, non consentono tuttavia di tornare ai precedenti livelli, e men che meno aumentarli, ed è in questa situazione che il Borletti entra nel settore in piena crescita dei tessili artificiali assumendo il controllo della SNIA Viscosa.
Uomo forse più legato al mondo della finanza e della politica che non a quello della fabbrica, egli rappresentava la sintesi tra due modelli opposti: quello dell'imprenditore tessile di tradizione ottocentesca e quello dell'imprenditore nuovo, capace di destreggiarsi abilmente tra banche ed industrie, amante del rischio che i settori nuovi comportavano.
Quale amministratore delegato della SNIA Viscosa, il Borletti chiama Franco Marinotti, conosciuto al tempo in cui quest'ultimo, nel 1921, si occupava di esportare i prodotti italiani in Russia attraverso la Compagnia Italiana Commercio Estero. I due riescono a risollevare le sorti dell'azienda attraverso un'oculata politica autarchica (uso della cellulosa per la produzione della viscosa, della caseina per il Lanital, etc), e una solida alleanza coi possibili concorrenti (a partire dalla CISA, Compagnia Italiana Sistema Viscosa), portando in pochi anni il fatturato ad oltre mezzo miliardo.
Marinotti assunse immediatamente un ruolo di spicco, al punto da essere considerato da molti il il factotum della società; nel 1934, ricoprì la carica di consigliere delegato, nel 1939, venne eletto presidente. Alla rapida scalata all'interno della SNIA Viscosa corrispose quella in politica: vice-podestà di Milano, poi consigliere nazionale.
"In complesso il Marinotti viene descritto per una persona avida di denaro e priva di scrupoli, dotata di scaltrezza e doppiezza, qualità di cui si serve per salvaguardare la regolarità affaristica nella forma, mentre poi nella sostanza non cercherebbe che di soddisfare le sue ambizioni e gli interessi particolari, poco badando se detti interessi possono essere eventualmente in contrasto con l'interesse generale. […] Viene inoltre riferito che egli sarebbe appoggiato e protetto anche dall'on. Farinacci".